lunedì 3 dicembre 2007

Capitolo 6

La grande inondazione dell’Ohio del 1937

L’inverno del 1937 fu particolarmente duro per l’intera nazione. Neve insolita cadde nel nord-ovest e coprì il paese per molti giorni. Ma, fu nell’est che la tragedia veramente colpì. Pioggie violente e protratte caddero persistentemente per settimane, ingrossando i molti affluenti che affluiscono nel grande fiume Ohio che scorre nella vasta aerea ovest degli Appalachions. Gradualmente il livello del fiume passò il punto di piena. Grandi popolazioni che vivevano sulle rive dell’Ohio notarono questo con non poca apprensione e allarme, essi non videro alcun segno di abbassamento nel flusso dell’acqua che cercava uno sbocco giù a valle. Giorno dopo giorno, le acque continuarono ad aumentare. Dighe e argini furono rafforzati, ma le persone sapevano che occorreva che uno sfondamento avvenisse solamente in un punto per permettere alle acque di aprirsi a ventaglio e affluire nelle vaste aeree di terreni agricoli e anche nelle città che erano state costruite lungo il fiume. Sulla riva nord dell’Ohio, di fronte a Louisville, Kentucky, si trova la città di Jeffersonville, Indiana. Di tutti quelli che abitavano nella città, a nessuno, forse, l’infausta minaccia di un’inondazione apparve in un momento più inopportuno che a William Branham. Sua moglie aveva contratto una grave infezione polmonare, mentre faceva compere al di là del fiume a Louisville. A causa di questa circostanza, tutta la sua attenzione e il suo interesse erano concentrati sulla sua guarigione. Ma, la notizia raggiunse loro, come pure gli altri abitanti della città, che la cresta del fiume stava lentamente seguendo la corrente e gli argini indeboliti, in maniera evidente, non potevano tenere ancora per molto. Sembrava che Jeffersonville fosse perduta. Tuttavia, molte delle persone restarono.
Mentre la notte scendeva, William Branham era in servizio, lavorando con la squadra di soccorso che pattugliava le acque infuriate del fiume in aumento. A mezzanotte, i loro peggiori timori si realizzarono. I fischietti cominciarono a suonare, avvertendo ognuno di lasciare la città. Le sirene alle caserme dei pompieri suonarono nella notte. La famiglia Branham e migliaia di altri furono costretti a fuggire per le loro vite. La moglie, essendo gravemente malata e non in condizione di essere portata fuori nella tempesta, dovette essere trasferita in un ospedale provvisorio costruito dal governo, che era situato su un altipiano. L’esposizione al freddo portò entrambi i loro bambini ad ammalarsi gravemente di polmonite. Il padre portò anche loro all’ospedale, dove furono presi in cura su letti frettolosamente improvvisati, dove un gran numero di altre vittime stava aspettando l’attenzione del personale sovraccarico di lavoro. Era un luogo terribilmente povero per un ospedale e, a rendere peggiore le cose, le porte continuavano a chiudersi avanti e indietro; le persone si precipitavano dentro e fuori, gridando istericamente, le loro case erano state spazzate via dalla forte corrente.
Per quanto egli desiderasse restare vicino ai suoi cari, il giovane ministro si rese conto che aveva la responsabilità di ritornare indietro e assistere la squadra di soccorso che aveva lavorato freneticamente notte e giorno. La tragedia stava avendo luogo in molti punti poiché le acque, inesorabilmente, si erano riversate attraverso la città e fuori nella campagna. Gli fu detto di andare in una certa strada dove l’acqua aveva scosso le case dalle loro fondamenta. Manovrando la sua barca giù attraverso le acque tempestose di questa aerea, l’attenzione del giovane ministro fu attirata da una scena pietosa. Una madre e i suoi figliuoli, che stavano sulla veranda del piano superiore di una casa, stavano freneticamente facendo dei segni e chiamandolo per un soccorso. In questo momento drammatico del racconto, lasceremo il fratello Branham descrivere con le proprie parole le cose che accaddero.


* * *

Udii qualcuno gridare e, guardando su, vidi una mamma con i suoi bambini stare sulla veranda del piano di sopra di una casa barcollante, le grandi onde si infrangevano contro di essa. Avevo praticamente vissuto sopra il fiume tutta la mia vita e pensai che forse potevo aiutare a liberare la donna, anche se significava rischiare la mia propria vita per lei e i suoi piccoli bambini; così, mi avviai in direzione della casa. Dopo che finalmente li misi tutti nella barca, la signora quasi svenne...Ella continuava a gemere qualcosa in merito al suo bambino ed io pensai che forse ella avesse lasciato il suo bambino nella casa. Così, dopo averli messi in salvo su un altopiano, io provai a ritornare. Ma, fu troppo tardi; l’acqua adesso stava venendo troppo veloce, ed io fui preso nella corrente. Oh, non dimenticherò mai come mi sentii in quel momento. Così, tante cose passarono attraverso la mia mente; come avevo cercato di vivere una buona vita cristiana, di predicare la Parola, di fare quanto di meglio sapevo, ma sembrava che tutto fosse contro di me adesso.
Quando, alla fine, ebbi la mia barca sotto controllo ed approdai, provai a fare la strada per l’ospedale del governo (erano quattro ore da quando lo avevo lasciato); ma, nell’arrivare, scoprii che l’acqua aveva irrotto lì dietro e tutte le persone erano state evacuate. Io non sapevo dove fosse mia moglie e nessuno era in grado di dirmelo. Oh, come ero triste in quell’ora. Continuai a chiedere informazioni e, alla fine, mi fu detto da un ufficiale che essi erano stati mandati su un treno che stava andando verso Charleston, una città a circa dodici miglia su Jeffersonville, dove io mi precipitai velocemente per vedere se potevo raggiungerli. Un piccolo affluente proprio su di noi aveva straripato i suoi argini facendo circa cinque miglia di acqua che scorreva velocemente tra lì e Charleston, trascinando via le case degli agricoltori; ed io sapevo che il treno doveva andare giusto attraverso questo territorio. Non avevo alcun mezzo per sapere se esso era giunto a destinazione prima che l’acqua infrangesse o se era stato eliminato il binario...
Per un bel po’ di tempo, io non fui in grado di apprendere niente; ma, poi appresi che il treno era passato. Mi procurai un fuoribordo e cercai di andare contro le acque, ma erano proprio troppe. L’acqua mi travolse e fui abbandonato in un luogo chiamato Fort Fulton con parecchi amici per quasi due settimane. La nostra provvista di cibo era molto scarsa ed io ero ancora all’oscuro in merito a mia moglie e ai bambini.
Appena le acque si abbassarono abbastanza da far passare il mio autocarro, andai per cercarla. Non sapevo se mia moglie, i bambini, mamma e papà fossero vivi o morti. Lì, Dio continuò a parlare al mio cuore ed io riuscii proprio ad immaginare quello che deve essere per coloro che non hanno alcuna speranza in un momento simile. Il giorno seguente, attraversai le acque e cominciai la mia ricerca a Charleston. Nessuno lì sapeva qualcosa in merito a un treno che era giunto o aveva sentito di qualcuno di nome Branham. Con aria abbattuta, mentre scendevo la strada, incontrai un vecchio amico, il signor Hay. Egli gettò le sue braccia attorno a me e disse: “Billy, li troveremo ovunque!”. Discesi all’ufficio dei dispacci e chiesi quando il treno era giunto e dove era andato; ma, anche questo non mi fu di aiuto. Era avvenuto due settimane prima e c’erano state molte devastazioni ed egli pensò di salire oltre nell’Indiana in qualche posto. Un macchinista che stava vicino alzò la voce e disse: “Oh, mi ricordo questo caso. Una mamma con due piccoli bambini malati. Noi li abbiamo inviati a Columbus”. Disse: “ Giovanotto, non è possibile salire lì, poiché le acque hanno tagliato fuori tutti i treni”. Così, c’era ancora una cattiva notizia. Ma, io sarei andato a cercarla comunque. Cominciai a camminare lungo la strada, piangendo, con il cappello nelle mie mani. Oh! Questo mi richiama alla memoria dei ricordi ancora a pensarlo. Presto una macchina si fermò vicino a me e la voce di un buon amico esclamò: “Billy Branham! Entra. So a chi stai cercando, tua moglie e i tuoi bambini!”. Io risposi: “Si”. Egli disse: “Sono a Columbus, nell’ospedale. Tua moglie è vicina alla morte”. “Non c’è un modo per raggiungerli?” chiesi freneticamente. Rispose: “Io posso portarti lì; ho trovato una via nascosta attraverso qualche sentiero, passando attraverso le acque”. Noi raggiungemmo Columbus quella notte.



IL DOTTORE CONSIDERA SPACCIATA HOPE

Ci precipitammo alla chiesa battista, che era stata usata come ospedale, gridando il suo nome. La trovai. Oh! Ella stava quasi per andarsene! Le chiesi dei bambini; erano entrambi molto piccoli, erano rimasti a casa di mia suocera. Mi inginocchiai di lato all’amaca dove Hope era stesa. Gli occhi oscuri, che esprimevano l’intensa sofferenza, li alzò verso di me mentre presi la sua debole e pallida mano nella mia e pregai come meglio sapevo. Ma, visibilmente senza effetto; non ci fu nessuna risposta. Ella peggiorò. Un medico mi chiese. “Non siete un amico del dottor Sam Adair?”. “Si”. “Devo dirvelo, reverendo; vostra moglie sta morendo”. Io protestai: “Sicuramente no”. “Si” rispose seriamente e andò via.